In una lettera pubblicata questo mese sull'American Journal of Physiology - Endocrinology and Metabolism' ricercatori di varie istituzioni italiane (Idi-Irccs di Roma, Isa-Cnr di Avellino e ospedale Sant'Andrea di Roma) e dell'Augusta University americana, coordinati da Francesco Facchiano del Dipartimento di Oncologia e Medicina molecolare dell'Istituto superiore di sanità (ISS), hanno risposto a un'altra lettera apparsa in aprile sulla stessa rivista in tema Covid e vitamina D.
"Il mantenimento dei normali livelli di vitamina D nel sangue non solo può giocare un ruolo nel ridurre i rischi di infezioni acute delle vie respiratorie, ma potrebbe essere importante per il trattamento di due sintomi tipici della malattia da Covid-19, quali l'anosmia e l'ageusia, ossia la perdita dell'olfatto e del gusto, lamentati da più pazienti" si legge.
Il Dott. Facchiano conferma ciò che si dice nella prima lettera, ossia "il potenziale impatto benefico dell'integrazione di vitamina D contro le infezioni acute delle vie respiratorie. Inoltre sottolineiamo che l'anosmia e l'ageusia, sintomi osservati nei pazienti affetti da Covid-19, sono state rilevate anche in soggetti con deficit di vitamina D."
"Perciò queste ricerche sottolineano la necessità, attraverso approfonditi studi epidemiologici, di raccogliere dati dai pazienti per correlare l'infezione da Covid-19 e l'assetto ormonale dei pazienti stessi".
"Attualmente - concludono gli studiosi nella nuova lettera - sono in corso numerosi trial clinici, ad esempio negli Usa, che mirano a testare l'integrazione di vitamina D nei pazienti con Covid-19 in combinazione con altri farmaci e a confrontare l'effetto di dosi elevate rispetto alle dosi standard".
"I risultati di questi studi saranno fondamentali per verificare l'utilità di un'integrazione di vitamina D per i pazienti Covid-19"...
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